– Io non me ne anderò di qui, – ha risposto il Grillo – se prima non ti dirò una gran verità.
– Dimmela e spicciati.
– Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori, e che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.
– Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire[21] mi manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà a studiare; e io non ho voglia di studiare.
– Povero grullerello! Ma non sai che diventerai da grande un bellissimo somaro?
– Chetati, Grillaccio del mal’augurio! – ha gridato Pinocchio.
Ma il Grillo invece di aversi a male di questa impertinenza, ha continuato con lo stesso tono di voce:
– E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, per guadagnare onestamente un pezzo di pane?
– Fra i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo[22] che veramente mi vada a genio[23].
– E questo mestiere è?
– Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.
– Per tua regola – ha detto il Grillo-parlante con la sua solita calma – tutti quelli che fanno codesto mestiere, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.
– Bada, Grillaccio del mal’augurio!..
– Povero Pinocchio! mi fai proprio compassione!..
– Perché ti faccio compassione?
– Perché sei un burattino e hai la testa di legno.
A queste ultime parole, Pinocchio ha preso un martello di legno, l’ha scagliato contro il Grillo-parlante.
Forse non credeva nemmeno di colpirlo; ma l’ha colto per l’appunto nel capo, tanto che il povero Grillo aveva appena il fiato di fare crì-crì-crì, e poi è rimasto lì stecchito e appiccicato alla parete.
5
Pinocchio ha fame e cerca un uovo per farsi una frittata; ma sul più bello, la frittata gli vola via dalla finestra
Intanto è cominciato a farsi notte[24], e Pinocchio, ricordandosi che non aveva mangiato nulla, ha sentito un’uggiolina allo stomaco.
Ma l’appetito nei ragazzi cammina presto, e dopo pochi minuti, l’appetito è diventato fame.
Il povero Pinocchio è corso subito al focolare, dove c’era una pentola che bolliva, e ha fatto l’atto di scoperchiarla, ma la pentola era dipinta sul muro. Immaginatevi come è restato. Il suo naso, che era già lungo, è diventato più lungo almeno quattro dita.
Allora correva per la stanza e frugava per tutte le cassette e per tutti i ripostigli in cerca di un po’ di pane, magari un po’ di pan secco, una lisca di pesce, un nocciolo di ciliegia, insomma qualche cosa da masticare: ma non ha trovato nulla, proprio nulla.
E intanto la fame cresceva: e il povero Pinocchio non aveva altro sollievo che quello di sbadigliare, e faceva degli sbadigli così lunghi, che qualche volta la bocca gli arrivava fino agli orecchi.
Allora piangendo, diceva:
– Il Grillo-parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa… Oh! che brutta malattia è la fame!
Quando ecco che gli è parso di vedere nel monte della spazzatura qualche cosa di tondo e di bianco, che somigliava a un uovo di gallina. Era un uovo davvero.
La gioia del burattino è impossibile descriverla. Si rigirava questo uovo fra le mani, e lo toccava e lo baciava e diceva:
– E ora come dovrò cuocerlo? Farò una frittata!.. No, è meglio cuocerlo nel piatto!..[25] No, la più lesta di tutte è di cuocerlo nel piatto o nel tegamino: ho troppo voglia di mangiare!