A questo comando sono comparsi due giandarmi di legno, lunghi lunghi, secchi secchi, con il cappello a lucerna in testa e con la sciabola sfoderata in mano.
Allora il burattinaio ha detto loro con voce rantolosa:
– Pigliatemi quell’Arlecchino, e poi gettatelo a bruciare sul fuoco.
Figuratevi il povero Arlecchino!
Pinocchio, alla vista di quello spettacolo straziante, è andato a gettarsi ai piedi del burattinaio, e piangendo, ha cominciato a dire con voce supplichevole:
– Pietà, signor Mangiafoco!..
– Qui non ci son signori! – ha replicato duramente il burattinaio.
– Pietà, signor Cavaliere!..
– Qui non ci sono cavalieri!
– Pietà, signor Commendatore!..
– Qui non ci sono commendatori!
– Pietà, Eccellenza!..
A sentirsi chiamare Eccellenza, il burattinaio è diventato più umano, ha detto a Pinocchio:
– Ebbene, che cosa vuoi da me?
– Vi domando grazia per il povero Arlecchino!..
– Qui non c’è grazia. Se ho risparmiato te, bisogna che mettere sul fuoco lui.
– In questo caso, – ha gridato Pinocchio, – in questo caso conosco qual è il mio dovere. Avanti, signori giandarmi! Legatemi e gettatemi fra quelle fiamme!
Queste parole hanno fatto piangere tutti i burattini che erano presenti a quella scena. Gli stessi giandarmi piangevano come due agnellini di latte.
Mangiafoco, sul principio, è rimasto duro e immobile come un pezzo di ghiaccio: ma poi, adagio adagio, ha cominciato a commuoversi e a starnutire. E fatti quattro o cinque starnuti, ha aperto affettuosamente le braccia e ha detto a Pinocchio:
– Tu sei un gran bravo ragazzo! Vieni qua da me e dammi un bacio.
Pinocchio è corso subito, è andato a posargli un bellissimo bacio sulla punta del naso.
– Dunque la grazia è fatta? – ha domandato il povero Arlecchino, con un fil di voce[53] che si sentiva appena.
– La grazia è fatta! – ha risposto Mangiafoco: poi ha soggiunto sospirando: – Pazienza! Per questa sera mi rassegnerò a mangiare il montone mezzo crudo: ma un’altra volta, guai a chi toccherà!..
Alla notizia della grazia ottenuta, i burattini sono corsi tutti sul palcoscenico e hanno cominciato a saltare e a ballare.
12
Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d’oro a Pinocchio perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro
Il giorno dipoi Mangiafoco ha chiamato in disparte[54] Pinocchio e gli ha domandato:
– Come si chiama tuo padre?
– Geppetto.
– E che mestiere fa?
– Il povero.
– Guadagna molto?
– Guadagna tanto quanto ci vuole per non avere mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l’Abbecedario della scuola ha dovuto vendere l’unica casacca che aveva.
– Povero diavolo! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d’oro. Va’ subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia.
Pinocchio ha ringraziato mille volte il burattinaio: ha abbracciato, a uno a uno[55], tutti i burattini della compagnia, anche i giandarmi; e fuori di sé[56] dalla contentezza, si è messo in viaggio per ritornare a casa sua.
Ma ha incontrato per la strada una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt’e due gli occhi che andavano là là[57], aiutandosi fra di loro. La Volpe, che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto, che era cieco, si lasciava guidare dalla Volpe.
– Buon giorno, Pinocchio, – gli ha detto la Volpe, salutandolo garbatamente.
– Com’è che sai il mio nome? – ha domandato il burattino.
– Conosco bene il tuo babbo.
– Dove l’hai visto?
– L’ho visto ieri sulla porta di casa sua.
– E che cosa faceva?
– Era in maniche di camicia e tremava dal freddo.